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ADORATIO 2011

CONFERENZA MONS. G. D’ERCOLE

martedì 21 giugno 2011

ADORAZIONE  EUCARISTICA  COME VITA ED ESPERIENZA  PASTORALE

1. Uno sguardo alla situazione attuale nel mondo e l’impegno della Chiesa nella nuova evangelizzazione

 

Il nostro è un tempo di contrasti: ci sono luci ed ombre nel panorama del mondo. Alcuni aspetti positivi alimentano la speranza. Nell’Enciclica Redemptoris Missio (7 dicembre 1990) il Beato Giovanni Paolo II parlava di una convergenza progressiva dei popoli agli ideali e ai valori evangelici. Ne enumerava alcuni: il rifiuto della violenza e della guerra, il rispetto della persona e dei suoi diritti, il desiderio di libertà, di giustizia e di fraternità, la tendenza al superamento dei razzismi, l’affermazione della dignità e la valorizzazione della donna. Ideali che sono ancor oggi molto sentiti. Ma si avverte soprattutto una diffusa nostalgia di Assoluto che prende il posto della tronfia affermazione ateistica di un tempo. Si sente un bisogno di spiritualità anche se spesso in maniera confusa.

 

Se non mancano gli aspetti positivi, quelli negativi sono numerosi e inquietanti: l’indifferentismo, l’agnosticismo, l’ateismo più pratico che teorico, il relativismo hanno conquistato larghe fasce della società per cui l’incidenza della fede nella vita è spesso scarsa. Per taluni versi si sta assistendo ad una silenziosa apostasia di molti credenti.

 

 

Guardando i mass media si ha la sensazione di una società post-cristiana pacificamente secolarizzata. Non fa più notizia l’abbandono della fede, ma la pratica religiosa. Si va creando una cultura deleteria per la fede e per la vita morale, specialmente nei giovani. Il relativismo etico e culturale dominante riduce e talora mortifica la capacità della ragione di raggiungere la verità.

 

E’ onesto però chiedersi:

 

Perché non si crede? Perché, dopo l’educazione religiosa ricevuta da bambini, ci si trova su sentieri agnostici, atei, indifferenti? Non si è credenti perché si è buoni e atei perché si è cattivi. L’attacco oggi è diretto al cuore stesso della fede. Per lo scrittore russo Fedor Dostoevskij la prima causa della miscredenza è l’ignoranza riguardante la “sostanza” di Cristo. Non si conosce Cristo “nella sua sostanza”, cioè in profondità: colui nel quale si manifesta la pienezza dell’umanità e della divinità. Scrive Dostoevskij: “Molti pensano che sia sufficiente credere nella morale di Cristo, per essere cristiani. Non la morale di Cristo, né l’insegnamento di Cristo salveranno il mondo, ma precisamente la fede nel Verbo che si è fatto carne” (I Demoni). Molti oggi sembrano seguire un cristianesimo senza Cristo. Si parla di valori cristiani indipendentemente da Cristo. Questo porta a una fede cristiana “self service” dove ognuno si sente autorizzato a prendere quel che vuole e a lasciare quel che non interessa (Cristo sì, ma Chiesa no! Fede sì ma non tutta la morale cristiana è accettabile specie per quanto concerne la vita, la sessualità, la famiglia, ecc.).

 

La seconda causa della miscredenza è la superficialità, che è un’appendice dell’ignoranza e si nutre di dilettantismo culturale. Questa superficialità emerge nel modo con cui si affrontano le grandi questioni etiche. Non curandosi di approfondire le problematiche si procede per slogans, per approssimazione culturale dando vita ad una subcultura dove prevale il dettaglio sull’essenziale.

 

La terza causa è l’impurità della mente e del cuore. Il romanziere russo allude qui ai pregiudizi intellettuali, alla presunzione di sapere e di definire tutto, alla mancanza di luce interiore causata dal peccato che impedisce di vedere e di comprendere. È innegabile che oggi, come spesso viene descritto, si è fortemente attenuato, quando addirittura non è scomparso, il senso del peccato. E questo però ha prodotto un aumento del senso di colpa con conseguenze talora drammatiche.

 

Per meglio capire la questione, è bene però precisare alcune verità teologiche.

 

• La fede è dono di Dio, la cui causa è nel suo amore salvifico. La fede allora non è opera dell’intelligenza e della volontà dell’uomo.

 

• Il primato della Grazia nella fede non distrugge la libertà dell’uomo. La fede è sempre sospesa alla libertà umana.

 

• Due sono allora gli elementi che ostacolano lo sviluppo e la vita della fede: il buio della mente e la pesantezza del cuore. Il buio della mente: oggi molti adulti sono rimasti, in campo religioso, a livello elementare. Si sono anche creati una fede loro, attingendo a fonti inquinate e superficiali. Non di rado l’ignoranza religiosa porta a costruirsi un dio a propria immagine e somiglianza. Paolo VI scriveva: “Il dramma del nostro tempo è la separazione fra Vangelo e vita”. Sant’Agostino diceva: “Intellige ut credas”, cioè sforzati di scoprire con lo studio approfondito il valore e la forza dei motivi di credibilità; sii meno dipendente dai condizionamenti sociologici e psicologici esterni.

 

Il secondo elemento è la pesantezza del cuore, cioè l’immoralità nel senso più vasto.

 

Credere non significa principalmente aderire a un complesso di verità, ma aderire a Cristo, fondando su di Lui la vita. La fede è un rapporto personale tra Cristo e l’uomo: rapporto libero, amoroso e filiale. Il peccato interrompe questo rapporto. Il peccato “turba, chiude e acceca l’occhio del cuore con il quale si vede Dio” (S. Agostino). Occorre allora conservare sano quest’occhio da ciò che lo turba: la cupidigia, l’avarizia e la concupiscenza.

 

• Nella nostra società impregnata di erotismo, permissiva e libertaria, avida di potere e di avere, non c’è posto per la fede perché essa fiorisce sull’umiltà del cuore e sull’apertura dell’anima alla Grazia. Si è perso il senso del peccato; si esalta la trasgressione, si nega il peccato, si dimentica la preghiera. In una cultura così Dio è un estraneo, un incomodo da eliminare. Ma “la coscienza senza Dio è spaventosa, può smarrirsi fino a commettere le cose più immorali”. “In Occidente – osserva Dostoevskij- hanno perduto Cristo…e per questo l’Occidente cade, esclusivamente per questo”.

 

Non vorrei apparire pessimista. Se è vero che l’ateismo e la scristianizzazione si presentano come fenomeni massicci e arroganti, è anche vero che il sentimento religioso e la nostalgia del Vangelo tornano a sfiorare gli animi.

 

Non potrebbe essere che così, perché l’ateismo è antiumanesimo. Dio ci è necessario come l’aria. Non possiamo vivere a lungo e con dignità senza di Lui.

 

Poterci inchinare dinanzi a Dio assieme a Cristo è il bisogno più profondo dell’uomo e anche la sua fortuna più grande. Sono crollati gli idoli dinanzi ai quali l’umanità del XX secolo si è inchinata. Se li adora ancora è per cecità, inerzia e vigliaccheria. Essi hanno lasciato sentieri che portano al vuoto, alla solitudine e alla disperazione. Ma si può vivere di disperazione? Scrive Dostoevskij: “O la fede o bruciare!”. Ecco allora nuove sfide e possibilità per l’evangelizzazione, per una pastorale che sappia accogliere le esigenze della post-modernità. Impegno che tutti ci coinvolge; impegno arduo ed esaltante. Arduo perché la barriera del secolarismo e dell’indifferentismo è massiccia; esaltante perché oggi la “tentazione di Dio”, cioè la nostalgia di verità e di pace, è fortemente avvertita, a livello universale. La missione della Chiesa è far sentire all’uomo che spesso ha perso se stesso, la presenza consolatrice e risolutrice di Dio che in Cristo Gesù ha dato tutto se stesso agli uomini. Ma cosa fare?

 

 

2. Dio è tra noi presente nel mistero eucaristico

 

C’è una verità che oggi va proclamata con forza: Dio non si è eclissato! È presente nell’Eucaristia. E la Chiesa ha la grande missione di custodirla, difenderla e adorarla. Ha il compito di donarla al mondo come l’unica salvezza dell’umanità.

 

C’è una coincidenza storica che vorrei qui rimarcare. Alla fine del suo pontificato il Beato Giovanni Paolo II ha voluto indire l’Anno dell’Eucaristia e il suo successore Benedetto XVI ha aperto il suo pontificato con il Sinodo dei Vescovi che aveva come tema: “L’Eucaristia, fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”. L’Eucarestia e la Chiesa: la Chiesa è in cammino: ritorna e riparte continuamente dall’Eucaristia.

 

Non mi soffermo qui sugli aspetti teologici, biblici e liturgici del mistero eucaristico. Vorrei semplicemente fare qualche piccola considerazione, rispondere a qualche domanda che sorge spontanea e che è legata alla nostra esistenza e alla storia del mondo.

 

Perché l’Eucaristia è l’atto centrale di trasformazione in grado di rinnovare il mondo? Perché –risponde Benedetto XVI- qui la violenza è trasformata in amore, la morte in vita. E’ come una “Fissione nucleare” nel più intimo dell’essere; è la vittoria dell’amore sull’odio, sulla morte. Nell’Eucaristia si trova il segreto del rinnovamento dell’universo: è esplosione del Bene che vince il male e a catena innesca le trasformazioni che cambiano il mondo. Cristo ha redento il mondo: con la sua morte e risurrezione è stato fatto l’essenziale, ora tocca a noi entrare in questo dinamismo di salvezza accedendo al suo mistero nutrendoci del Suo Corpo e del Suo Sangue.

 

Nell’Eucaristia, nel pane e nel vino, Cristo ci ha lasciato la sua passione, la sua offerta, la sua vita che è amore oltre misura. Accedendo all’Eucaristia noi diventiamo un solo popolo nelle cui vene circola l’amore di Dio. Dobbiamo lasciare che l’Eucaristia trasformi la nostra vita!

 

Nota Benedetto XVI: “In vaste parti del mondo esiste oggi una strana dimenticanza di Dio. Sembra che tutto vada bene anche senza di Lui. Ma al tempo stesso esiste anche un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione di tutto e di tutti. Vien fatto di esclamare: Non è possibile che questa sia vita!” Ci si chiede: come evangelizzare questa nostra società sorda e apparentemente vaccinata contro il Vangelo?

 

Anche la religione diventa quasi un prodotto di consumo. Occorre allora scoprire la stella che ci indica la strada: e l’unica stella che ci conduce alla verità e alla vita è Gesù Cristo, Via Verità e Vita.

 

Dobbiamo dunque ripartire dall’Eucaristia.

 

3. L’Adorazione eucaristica: esperienze personali

 

Se vogliamo portare gli uomini e le donne del XXI secolo alla fede in Gesù Cristo dobbiamo recuperare la capacità di adorare Cristo nel Santissimo Sacramento. Questo è uno dei punti fermi del magistero di Benedetto XVI.

 

Si parla molto oggi di nuova evangelizzazione, ma nulla si può fare di valido e di efficace se non si pone al centro di tutto Cristo, realmente presente nell’Eucaristia.

 

Ho in mente e ricordo con particolare emozione la Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Colonia, a qualche mese soltanto dall’elezione del Cardinale Ratzinger a Sommo Pontefice e poi a Sidney in Australia. La veglia eucaristica è stata una forte esperienza di silenzio orante nella notte. Migliaia e migliaia di giovani d’ogni parte del mondo raccolti attorno al Successore di Pietro in adorazione di Cristo, realmente presente nel Sacramento eucaristico.

 

In quelle notti, posso testimoniare che ci furono non poche conversioni. Giovani venuti per curiosità, hanno trovato una luce che ha illuminato la loro vita. Giovani e ragazze che, alla presenza di Cristo, hanno percepito meglio la loro vocazione. E hanno scelto di seguirLo nella via del sacerdozio e della vita consacrata. Quando ci si pone in ascolto di Gesù, creando le condizioni per aprire il cuore alla Grazia divina, avvengono autentici miracoli e i cuori si aprono alla potenza dello Spirito Santo.

 

Andando indietro nel tempo, ripenso alla mia esperienza di giovane missionario in Costa d’Avorio e di come l’Eucaristia sia stata il segreto del rinnovamento spirituale e pastorale della Parrocchia.

 

Ricordo poi la mia visita in Corea nel 1994 e i primi contatti con l’Adorazione perpetua e la testimonianza dell’Arcivescovo di una grande Arcidiocesi nel Sud del Paese. L’Adorazione eucaristica fu il segreto di un vasto rinnovamento spirituale, pastorale e vocazionale della Diocesi. Penso alle missioni condotte dai giovani di Jeunesse et lumière, le Sentinelle del mattino, luci nella notte con l’adorazione eucaristica durante intere notti. Quanti ragazzi, abbordati sulla spiaggia o nelle strade, sono stati condotti ai piedi di Gesù Eucaristia. E che dire poi dell’adorazione perpetua! Dove ha inizio l’adorazione perpetua, la parrocchia rifiorisce. Ci vuole un po’ di coraggio all’inizio, ma poi tutto va da sé. Il Signore agisce, converte i cuori e cambia il volto della comunità parrocchiale. Occorre provare per credere! Si sperimenta quanto sia vero che l’Eucaristia fa i cristiani, i cristiani fanno l’Eucaristia, l’Eucaristia costituisce la Chiesa. E’ inoltre sempre più importante educare il popolo a vivere il mistero eucaristico con la partecipazione alle celebrazioni liturgiche e a prolungare nella loro vita la Messa celebrata con devozione e fede. Ecco i santi: sono coloro che continuano a vivere la Messa durante tutta la giornata.

 

Oggi però spesso la nostra fede eucaristica è malata: chiese deserte, Messe feriali con poca gente, l’Eucaristia trasandata, Sante Messe distratte, le ragnatele nei tabernacoli, mancanza di rispetto per la presenza di Cristo e perfino profanazioni. Eppure l’Eucaristia è il più sublime atto di tenerezza di Gesù per noi; è dono inverosimile: che poteva fare di più Gesù oltre la sua morte? San Tommaso afferma: “L’Eucaristia è la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini”. L’adorazione perpetua aiuta in questo.

 

Occorre recuperare la “tenerezza eucaristica” per capire, apprezzare e rispondere al dono di Cristo. Come fare?

 

In primo luogo urge passare dall’Eucaristia oggetto all’Eucaristia persona (l’Eucaristia non è una cosa per quanto santissima, ma una Persona).

 

In secondo luogo, occorre passare dal formalismo eucaristico al rapporto vivo.

 

In terzo luogo occorre aggiornare la nostra formazione e conoscenza sull’Eucaristia: testi biblici, di teologia, di spiritualità, vite dei santi. È importante una rinnovata catechesi che aiuti a comprendere il significato dei vari termini: Messa, Cena del Signore, Santa Eucaristia, sacrificio eucaristico, Adorazione eucaristica.

 

Infine è necessario prendere alcune decisioni pratiche: mai l’Eucaristia senza preparazione (almeno occorre aver letto la Parola di Dio); mai andare a mani vuote (fissare un punto concreto di conversione, portare le grandi necessità della Chiesa e del mondo), impostare la giornata con “stop eucaristici” che sono brevi visite a chiese o cappelle oppure richiami della mente e del cuore a Cristo eucaristico. Qui, proprio in questo contesto, assume tutta la sua ricchezza spirituale e il suo valore l’Adorazione Eucaristica perpetua. A riguardo si potrebbero aggiungere molte altre riflessioni, ma penso che in questo convegno si avrà modo di ascoltare al riguardo testimonianze di grande interesse.

 

4. Maria, donna eucaristica. Modello e maestra

 

Gesù richiama Maria; l’Eucaristia richiama Maria. Dobbiamo metterci alla scuola di Maria, donna eucaristica. Giovanni Paolo II ha inserito tra i misteri del Rosario l’istituzione dell’Eucaristia. Maria ci guida verso questo Sommo Sacramento. Maria è presente nel Cenacolo ed è presente nelle prime celebrazioni eucaristiche della comunità cristiana.

 

• Maria è modello di fede eucaristica con tutta la sua vita. c’è una grande analogia fra il suo “fiat” e “l’amen” che diciamo quando riceviamo l’Eucaristia.

 

• Maria è modello di adorazione che si fa missione. Nell’Eucaristia Dio è dentro di noi e noi in Lui. La dinamica ci penetra e vuole da noi propagarsi sino ad estendersi a tutto il mondo perché il suo amore trasformi il mondo. Il termine adorazione deriva dal greco proskenesis: cioè sottomissione, abbandono in Dio, norma da seguire; e dal latino ad-oratio: bacio, sottomissione che diventa amore, liberati dalla nostra volontà per essere totalmente guidati dall’amore di Cristo.

 

• Maria è il primo tabernacolo della storia. Visita Elisabetta. Se l’Eucaristia diventa il centro della nostra vita entriamo nel processo di trasformazione che il Signore ha di mira. Chi ha scoperto Gesù deve portare altri verso di Lui. La gioia non può essere racchiusa in noi stessi. Se partecipiamo dello stesso pane siamo una sola cosa tra noi e questo deve manifestarsi nella vita: capacità di perdono, disponibilità all’accoglienza e alla condivisione, impegno per gli altri, servizio agli altri.

 

• Maria è il modello che ha fatto sua la dimensione sacrificale dell’Eucaristia. Partecipa alle sofferenze di Cristo.

 

• Maria “dono” eucaristico. Nelle parole di Gesù: “fate questo in memoria di me” è presente tutto ciò che Cristo ha fatto; anche il dono di Maria come Madre. Celebrare l’Eucaristia è prendere Maria con noi e conformarci a Cristo, lasciandoci plasmare da Maria. Afferma Giovanni Paolo II: “Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia”. E: “L’Eucaristia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria sia tutta un magnificat”.

 

5. Conclusione

 

Mi piace chiudere questa mia relazione con una considerazione del Beato Giovanni XXIII: “Insegnare la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo al popolo…e renderli familiari al libro sacro, è come l’alfa delle attività di un vescovo e dei suoi sacerdoti. L’omega –vogliate concedermi questa immagine dell’Apocalisse- è rappresentato dal calice benedetto del nostro altare quotidiano. Le due realtà vanno insieme: la Parola di Gesù e il Sangue di Gesù”. La Bibbia e l’Eucaristia sono uniti nella pratica dell’Adorazione perpetua. Per questo la diffusione della pratica dell’Adorazione perpetua diviene scuola permanente di ascolto e di preghiera, di vita cristiana e di azione pastorale.