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Se solo conoscessi il dono di Dio

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  “Se solo conoscessi

       il dono di Dio”   

     

       P. Justo Lofeudo MSE

 

   “Gesù e la samaritana”

 

 

Cristo è Re! Dove è il Suo Regno? Dove c’è chi fa il bene a tutti e ha speciale cura per i più piccoli e bisognosi (Cfr. Mt 25,34-46). Il Regno si trova dove c’è chi ama Dio e il fratello.

 

Questo Regno deve estendersi fino a che Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28). E’ un Regno universale che, nonostante ciò, parte da te, parte da me.

 

Parte dall’incontro personale con Cristo.

 

 

Incontro personale come quello che la samaritana ebbe con il Signore in quel mezzogiorno al pozzo di Giacobbe.

 

Subito dopo arrivata la donna, Gesù comincia un dialogo, chiedendole: “Dammi da bere”. La replica della samaritana è tagliente: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?” Lei sa benissimo che per i giudei il contatto con i samaritani è causa d’impurità, e ancora di più se si tratta di una donna. Allo stesso tempo, per quella rivalità che esisteva tra giudei e samaritani, quell’osservazione da parte della donna significherebbe rinnegare di fare il servizio, che in quelle circostanze sarebbe anche la fine del dialogo.

 

Sebbene il Signore sia venuto per i figli di Israele, davanti a sé c’è anche una pecora smarrita che deve essere salvata, come devono pure ricevere il messaggio di salvezza, accogliendo la sua persona, tutti gli altri samaritani del luogo. Perciò Gesù vuole proseguire la conversazione e (immaginiamo che sospirando) risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio”. Per poi aggiungere: “e chi è colui che ti dice ‘dammi da bere’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”.

 

Man mano che avanza il dialogo, la samaritana si avvicina sempre più alla rivelazione e alla salvezza che viene a portarle il Signore. Da un nemico iniziale, quell’uomo che parla con lei diventa un profeta e forse anche lo stesso Messia che conosce il suo passato e che si offre ora per poter fare di lei una fonte di acqua viva che zampilla per la vita eterna. Si tratta dell’acqua viva della sua Parola, della sua grazia, del suo Spirito, di quello stesso incontro con Lui, sorgente di salvezza.

 

Appena la donna comincia a intravedere che quell’uomo che parla con lei è un profeta cambia immediatamente il suo discorso e domanda qualcosa di fondamentale ed essenziale per qualsiasi credente: dove si deve adorare Dio.

 

Dietro la richiesta c’è il bisogno umano di cercare Dio, e una volta trovato di adorarlo. Sapere di Dio, sapere dove gli si rende culto è un anelito costante e profondo dell’uomo. Esso potrà essere a volte offuscato, soffocato, ma mai cancellato. L’adorazione è una priorità che viene dal profondo del cuore.

 

Gesù Cristo le risponde che è arrivata l’ora in cui i veri adoratori non adoreranno Dio né nel tempio sul monte dei samaritani né nel tempio giudeo di Gerusalemme.

 

Dovranno adorare in spirito e verità. Il discorso su quest’adorazione che cerca il Padre si ferma lì. Il Signore non dice più nulla. Tra poco si saprà che, dove tutti dovranno adorare in spirito e in verità, Dio stesso si è costruito il nuovo tempio ed esso è il corpo di Cristo.

 

“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”, aveva detto Gesù ai Giudei, che gli domandavano un segno che evidenziasse la sua autorità per scacciare i venditori dal tempio(Cfr. Gv 2:19). Giovanni spiega che lui parlava loro del tempio del suo corpo.

 

Il Signore si offre se stesso in sacrificio al Padre per la salvezza di tutti gli uomini. La notte stessa in cui fu tradito, preludio della sua Passione, si da sacramentalmente ai suoi perché loro possano anche fare presente il suo sacrificio per i secoli dei secoli. E’ la notte dell’Ultima Cena quando “prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: ‟Questo è il mio corpo; che è dato per voi; fate questo in memoria di me‟ (Cfr. Lc 22:19). Da quel momento in poi il tempio della Nuova ed Eterna Alleanza è il suo corpo, e il suo corpo è l’Eucaristia! L’Eucaristia è la presenza viva, reale, unica di Cristo, vero Dio e vero uomo.

 

Ritorniamo ora all’inizio del dialogo e vediamo quanta risonanza hanno quelle tre parole: “Dammi da bere”! “Dammi da bere” rimanda alle parole pronunciate sulla croce: “Ho sete”, e anche al giorno del giudizio.

 

“Ho avuto sete e mi avete dato da bere..” dice il Signore parlando della sua venuta in gloria, il giorno del giudizio finale. In seguito egli spiega che quello che si fa al più piccolo dei fratelli si è fatto a Lui (Cfr. Mt 25:31s). Gesù Cristo si rivela pienamente solidale con il più piccolo, con chi è nel bisogno, con chi non conta nulla per il mondo, E’ di quella solidarietà che deriva la presenza sua particolare nei più deboli e sofferenti.

 

La sete, la fame, la nudità, le catene dell’altro sono anche le sue.

 

Lui stesso ha sete sul Golgota. “Ho sete”. Quale sete? Sete di salvezza delle anime. Il fuoco infinitamente ardente del suo amore per tutti gli uomini provoca quella sete dell’Uomo Dio sulla croce. Il significato di quelle parole era: “Portatemi le anime perché io le salvi, mostro loro il mio amore che è più grande del male e della morte. Il mio amore, che mi consuma, è la vostra salvezza”.

 

Sete di quella vita persa della samaritana, sete di tutte le povere anime che vanno alla dannazione, che non sanno d’amore, di perdono, di misericordia, di Dio, del Dio vero.

 

C’è un misterioso legame tra la sete di Dio stesso in Gesù Cristo, la sete di Dio propria dell’anima umana (la mia anima ha sete del Dio vivente. Salmo 42) e l’adorazione.

 

L’adorazione disseta la sete di Dio e la sete dell’uomo perché l’adorazione è il luogo sacro dell’incontro tra Dio e l’uomo. Sarà proprio per questo che il Sacro Cuore (cioè il nostro Signor Gesù Cristo), disse a santa Margherita Maria Alacoque: “Io ho sete così ardente di essere onorato dagli uomini nel Santissimo Sacramento, che questa sete mi consuma”.

 

L’adorazione in spirito e verità è dinanzi al tempio di Dio, dinanzi all’Eucaristia; è l’adorazione non astratta ma bensì concreta a Dio, in e per Cristo, nella Presenza misteriosa, unica, reale, vera e fisicamente localizzabile nell’Eucaristia.

 

Allo stesso modo che diamo da bere il Signore, ogni qualvolta che lo facciamo con il più piccolo dei fratelli, lo dissetiamo quando andiamo a trovarlo nel Santissimo Sacramento. Anche se queste due cose sembrano diverse, non sono per nulla differenti. Innanzitutto non lo sono perché non c’è divisione tra il Corpo mistico, che siamo tutti noi, la sua Chiesa, e il Corpo Eucaristico. E poi, esiste un vincolo intimo tra le due realtà, perché per dissetare e sfamare i più piccoli abbiamo bisogno di andare verso di Lui, a trovarlo nella sua Dimora Eucaristica, che è la sorgente infinita ed eterna dell’amore. Dobbiamo andare a trovarlo in adorazione per poi poter portare tutto quello di cui noi e gli altri abbiamo bisogno, a cominciare da Dio. Adorare è avvicinarsi alla fonte inesauribile della Luce, dell’Amore, della Verità, della Misericordia, della Pace.

 

Infatti, quando apriamo il nostro cuore all’adorazione, riceviamo tutte le grazie per diventare strumenti di salvezza, costruttori del Regno.

 

Rispondiamo alla richiesta accorata del Signore: “Dammi da bere”. Andiamo ad adorarlo nel Santissimo Sacramento. E’ Lui che ancora dice a noi: “Tu mi darai quel poco ed io ti darò tutto. Ti darò l’acqua viva. Se tu conoscessi il dono di Dio, se tu conoscessi chi sono io!” Quale scambio ci propone il Signore! Il poco per il tutto! In quel poco, però, ci sono tutto io con il mio passato e il mio presente per essere, come la samaritana, purificato, trasformato da Lui, per lasciare il passato oscuro inchiodato sulla croce e aprirmi al suo Regno di perdono, di misericordia dove Dio è tutto in tutti.