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Omelia – P. Justo Antonio Lofeudo MSE

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COLUI CHE ADORA L’EUCARISTIA
ADORA COLUI CHE E’ LA PAROLA

Il gesto di Gesù e la sua stessa parola Efetà , viene ripetuto dalla Chiesa nel rito del battesimo.
Mentre il sacerdote celebrante tocca la bocca e l’orecchio del battesimando dice: “ Il Signore Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda ora di ascoltare la sua parola e professare la tua fede per lode e gloria di Dio Padre.”


La fede si alimenta dall’ascolto della Parola e si trasmette proclamandola.

Nell’episodio evangelico, colui che non poteva né udire né parlare dopo l’incontro con il Signore sente e parla. Sente la voce del Signore e proclama le sue meraviglie, lo loda, gli rende grazie. Dal momento che l’uomo incomincia a vivere in Dio Lo loda, proclama il suo amore e misericordia, gli rende grazie, Lo benedice e chiede la sua benedizione. La Scrittura quando parla degli idoli e di coloro che credono in questi e non nel Dio vero, dice che questi sono come coloro che adorano: hanno orecchie ma non sentono, hanno bocca e non parlano. Sono sordi e muti alla verità della fede. Sembrano vivi ma in realtà sono senza vita, sono morti alla grazia.

La fede viene dall’ascolto attento della Parola e dal suo annuncio e proclamazione. Il passo dall’incredulità alla fede è sempre una guarigione dal nostro mutismo e sordità. Nella celebrazione della Messa la Parola conduce al sacramento eucaristico. Parola e Eucaristia sono intimamente uniti. Così come la Parola porta all’Eucaristia, l’Eucaristia anche porta alla Parola.

Colui che adora l’Eucaristia sta adorando Colui che è la Parola. E Colui che è la Parola gli parla con la sua Presenza al suo silenzio . Perché la Parola è sempre eloquente e efficace, anche quando appare silenziosa; mai muta. E’ nel silenzio che si sviluppa il dialogo ineffabile del cuore.

Questo incontro di adorazione sostiene la vita del credente, la arricchisce e lo fa testimone della Parola fatta carne in Gesù Cristo, nell’Eucarestia. La fede si manifesta particolarmente nell’adorazione. Chesterton diceva che l’uomo è più grande in ginocchio davanti a Dio, quando Lo adora. Quando l’uomo celebra se stesso, quando l’umanità ignora Dio e smette di adorarLo perde la sua umanità perché nella sua natura è di adorare Dio, che è il suo Creatore e Salvatore. Per questo, l’adorazione è cammino di restaurazione e di guarigione dell’umanità. Per questo, dove c’è adorazione c’è un prima e un dopo. L’adorazione perpetua è adorare il Signore nell’Eucaristia, senza interruzione. E’ dargli il maggior tributo che possiamo dargli come culto, insieme alla Messa. Significa portare il cielo in terra perché nel cielo si adora incessantemente Dio. “Così in terra come in Cielo”, e questo significa compiere con la volontà del Padre, compiere con il primo comandamento e ricevere da Lui, dall’adorazione, la forza per potere andar all’incontro con l’altro con amore, per amare il prossimo, per rendere chi sta lontano nostro prossimo, farlo a noi vicino. Per avvicinarsi a chi ne ha bisogno. Per questo, l’adorazione perpetua è aperta a tutti e colui che adora non solo beneficia se stesso in ogni incontro intimo con il Signore ma aiuta gli altri a fare in modo che si avvicinino, soprattutto verso coloro che sono lontani da Dio.

La cappella di adorazione perpetua è il segno delle braccia sempre aperte di Cristo per accogliere tutti nella sua misericordia. Così sono le porte della cappella dove si adora notte e giorno. Aperte a tutti, senza esclusione di nessuno, eccetto di colui che si vuole escludere. La cappella dove si adora incessantemente il Signore è il luogo dell’incontro, è oasi di pace, è il luogo di salvezza e di guarigione, è la porta che si apre al cielo e che rimane sempre aperta. E’ anche scuola di silenzio e quindi si ascolta, scuola di crescita. Dove recuperiamo l’ascolto e dove troviamo le forze per annunciare Cristo nel mondo.

P. Justo Antonio Lofeudo MSE