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ADORARE IL SANTISSIMO DALLA BELLEZZA DI UN LUOGO SACRO

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 SAN MARTINO IN RIO
(Reggio Emilia)


ADORARE IL SANTISSIMO DALLA BELLEZZA DI UN LUOGO SACRO


SACRAMENTUM CARITATIS
la cappella dell’Adorazione Eucaristica Perpetua

Alla Cappella dell’adorazione ci si arriva da più strade: dalla piazza principale, cioè dal cuore del paese, dove c’è la Rocca, dove sorgono le case, i negozi..; ci si arriva anche dalla Chiesa e da via Rivone, dove le famiglie passano per portare i bimbi a scuola; dai campetti dell’oratorio pieni di ragazzi che si ritrovano e giocano…

In questo intreccio reale di strade, fatto di storie di vita, mentre ci approssimiamo alla Cappella dell’adorazione vogliamo fare convergere tutta la nostra vita e quella degli altri; andiamo a pregare per consegnarla al Signore, per metterla nelle Sue mani, perché sia Lui a custodirla, a risanarla dai mali che l’affliggono, a impreziosirla e risanarla con la Sua grazia. Adorare infatti è toccare l’orlo del suo mantello: “e quanti lo toccavano guarivano” (Mt 14,36).

Una volta arrivati davanti alla ‘Casina’, nell’ingresso, si nota il nome della cappella ‘Sacramentum Caritatis’. Questo nome, che è anche il titolo dell’ Esortazione Apostolica con cui il Papa incoraggia l’apertura di cappelle per l’adorazione eucaristica perpetua, ci annuncia che nel luogo in cui stiamo per entrare è custodito il ‘Sacramento dell’Amore’: l’Eucaristia.

Mentre ci avviciniamo alla porta vediamo una formella posta sulla facciata della casa; raffigura il logo nel quale è posta la frase di Gesù “Io sono il pane della vita”: quel pane è la sua carne per la vita del mondo. La croce al centro, stilizzata, richiama l’offerta della vita di Cristo, che riviviamo ogni volta nella celebrazione eucaristica; l’ostensorio stilizzato, sempre a forma di croce, ci richiama alla preghiera di adorazione, ci invita a contemplare Colui che è vivo e presente qui:“Guarderanno a Colui che hanno trafitto”.

 

Entrando in cappella alla nostra sinistra troviamo l’acquasantiera: intingendo le dita della mano ci segniamo con il segno della croce e facciamo memoria del nostro battesimo, mistero di morte e risurrezione, immersione nella grazia attraverso la quale siamo venuti a far parte della famiglia di Dio, la Chiesa e resi pienamente figli per il dono dello Spirito.

Al centro della cappella vediamo immediatamente l’ostensorio, di materiale antico e pregiato, che ha il compito di sostenere e mostrare il Sacramentum Caritatis; appoggia sopra un piccolo altare, sormontato da una pietra dello stesso materiale dell’acquasantiera. C’è infatti un’intima connessione tra il battesimo e l’eucaristia celebrata e adorata. Nell’adorazione silenziosa desideriamo alimentare la chiamata battesimale alla santità, la comunione con la Chiesa e la vocazione di apostoli e testimoni del Risorto.

Prima di prendere posto si erge sullo sfondo (come punto prospettico) la croce lignea con il bordo d’oro. Il legno ci ricorda l’albero del giardino che ci privò della vicinanza con Dio a causa della disobbedienza, ma ancora di più è memoria “dell’albero della croce da cui è venuta la gioia in tutto il mondo” (dalla liturgia del venerdì santo). Dal fianco squarciato del Crocifisso scaturirono per noi sangue ed acqua, segni di quella grazia eucaristica e battesimale che nell’oro è significata; grazia che risana, salva e santifica. Il motivo della croce che continua nell’altare come a prolungarne l’asse verticale nel suo radicamento alla terra è un richiamo a portare le nostre piccole croci di ogni giorno con il Signore: unite alla sua trovano il loro senso e la loro fecondità. Mentre ci rechiamo al nostro posto in ginocchio, gesto di adorazione e atto di fede, l’effetto della luce che illumina la croce da dietro in atto di diffondersi vuole ricordarci il fenomeno della fissione nucleare, che rivela l’eucaristia come “intima esplosione del bene che vince il male e che si verifica nel più intimo dell’essere” (Benedetto XVI).

Siamo stati così condotti dai segni a prendere coscienza della nostra vocazione battesimale come chiamata alla santità che passa attraverso il mistero della croce ed è resa possibile dalla forza di quel pane di vita eterna che è l’eucaristia: sacramento dell’amore che ora vogliamo adorare, per poi ricevere con fede, superando superficialità o indifferenza.

Solo nella fede infatti è possibile riconoscere in quel pezzo di pane il Signore della vita, Colui che si è fatto, in modo così inaudito, piccolo e avvicinabile.

Mentre ci sediamo o rimaniamo in ginocchio l’orizzonte del nostro sguardo si allarga e notiamo alla sinistra su un basamento uguale a quello dell’acquasantiera su cui appoggia una statua di Maria rivolta verso il santissimo sacramento. Il suo orientamento ci ricorda il suo permanente permanere presso di noi e ai piedi del Signore nell’atto di suggerirci l’atteggiamento dell’umile ascolto e adorazione. Da lei impariamo che adorare significa mettersi in una disponibilità piena, perché Lui possa disporre di noi secondo i suoi disegni e la sua grazia.

La Sacra scrittura aperta sul leggio, tra noi e l’ostensorio, ci svela la storia della salvezza nella quale siamo chiamati ad entrare per scoprire il nostro posto e compito. Proprio per questo nella preghiera personale e silenziosa mentre adoriamo Cristo veramente, realmente e sostanzialmente presente nel sacramento dell’Eucaristia siamo invitati a nutrirci della Sua parola, che non semplicemente ci parla di Lui, ma che è Lui stesso (Verbo e Parola del Padre).

Al termine dell’adorazione dopo aver fatto la genuflessione, mentre usciamo, ritroviamo sul vetro il logo serigrafato: siamo noi, d’ora in avanti, quell’ostensorio santo, chiamati a portare la sua presenza attraverso parole di comunione, gesti che alimentano la speranza e edificano nella carità.