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Adorazione Eucaristica (10°)

tratto dal libro “Adorazione” di P. Serafino Tognetti

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Non è facile adorare, come non è facile pregare.

A volte sento da parte di coloro che pregano la lamentela che Dio sembra lontano, assente. Ma siccome la vita con Dio è rapporto tra due persone, forse dovremmo domandarci se non abbia più ragione Lui di lamentarsi della nostra assenza. Quante ore dedicate voi al Signore durante il giorno? Ore? Forse è meglio contare i minuti. Quanti minuti gli dedicate? Non ha dunque più ragione Dio a dire che siamo noi ad essere assenti? Egli c’è sempre. Se io do al Signore mezz’ora della mia giornata, nelle altre 23 ore e mezza con chi sto? Dove sono realmente durante la giornata?

È scritto nell’Apocalisse: “Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno mi apre, io entrerò, cenerò con lui e starò con lui” (Ap 3,20). Noi pensiamo che vi sia uno che bussi dal di fuori, ma se Dio vive dentro di noi, dobbiamo ritenere che Egli bussi dal di dentro, dal centro del nostro cuore. Lo sentite mai? Egli è alla porta del nostro intimo e supplica che gli venga aperto. Dunque, sei tu che sei fuori casa. I termini si ribaltano completamente.

Per essere precisi, è sbagliato dire che Dio è presente; è più corretto dire che Egli è la presenza e di conseguenza io sono molto spesso… l’assenza. La presenza del Signore risorto è, esiste, a prescindere dalla mia attenzione, ed è tutta per me. Ma c’è una misteriosa resistenza dell’uomo ad aprire il proprio cuore, come se avesse paura di compromettersi troppo. Vediamo di capirne i motivi.

Itinerario di preghiera

L’itinerario della preghiera di adorazione consiste per prima cosa nel farsi terra, senza iniziare subito con delle richieste, ma facendosi humus, chiedendo il dono dell’umiltà e vedendosi per quello che siamo, gettando via ogni maschera come il pubblicano in fondo al tempio che si batte il petto riconoscendo l’infinita maestà del Signore. Poi bisogna far sì che il Signore venga nel nostro cuore e supplicarlo con amore che Egli scenda in noi. Terzo tempo: occorre alternare preghiere spontanee, relativamente poche, con qualche parola del salmo ripetuta, come ad esempio “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla”.

La ripetizione della parola di Dio nutre e arricchisce l’anima, anche se il diavolo vi dirà che non è vero; state tranquilli, la parola di Dio scaccerà anche il demonio. Poi potete pregare con Bartimeo, con la disperazione di coloro che hanno bisogno di tutto. Le grazie vanno chieste, il Signore vuole che le chiediamo, soprattutto per gli altri.

A don Elia Bellebono, una bella figura di sacerdote morto in concetto di santità da poco, il Signore disse: “Ti concederò ogni grazia che mi chiedi per gli altri, nessuna che mi chiedi per te”. Egli cominciò a chiedere grazie per tutti e il Signore gliele concesse. È interessante la semplicità francescana di questo prete… Sentiva che Gesù gli suggeriva di andare da quella certa persona a dirgli di confessarsi, ed egli correva, col rischio di sentirsi respinto a malo modo… Ottenne delle conversioni meravigliose.

L’intercessione per gli altri è fondamentale. “Metti tutto sul mio conto” scriveva san Paolo all’amico Filemone (vs. 18), facendogli intendere che era pronto a pagare lui per i torti che Filemone aveva subito da terza persona.

Se vi sembra che il Signore non vi conceda le grazie che gli chiedete, gridate più forte, come Bartimeo, non vi perdete d’animo, esprimete l’angoscia esistenziale del fatto che voi siete responsabili della salvezza degli altri e potete ottenere da Dio grandi cose. E poi dopo, al termine della supplica, tornate nel vostro silenzio, anche con espressioni di lode, quelle che il vostro cuore vi suggerirà, ma tutte parole intense, che vi dicano qualcosa, che impegnino il vostro io.

L’adorazione è un fatto d’amore, un’alleanza tra Dio e l’uomo. Ecco perché tale forma di preghiera è privilegiata, come se il Signore dicesse: “Datemi il vostro cuore, io sono qui per voi. Desidero io stesso soddisfare le vostre richieste, bramo di rispondere a quello che mi chiedete”.

Dio può tutto: occorre chiedergli le cose con fiducia, anche i miracoli di ogni genere.

Se avete letto il delizioso libro “Il miracolo di padre Malachia” di Bruce Marshall (ed. Jaca Book 2016), ricorderete il miracolo richiesto. C’era una discoteca vicino alla parrocchia; il parroco, padre Malachia, non ne poteva più, perché tutte le sere vi era attorno alla parrocchia chiasso e baldoria. Un giorno padre Malachia pregò: “Signore, toglimi questa discoteca, io non so più come fare, qui non c’è più pace”. Mentre pregava in questo modo, la discoteca si alzò per aria (con tutti dentro!) e venne spostata in cima ad una montagna, sicché due o tre ore dopo quelli che uscirono si trovarono tra le rocce solitarie della montagna. Padre Malachia aveva ottenuto il miracolo! Scoppiò un caso nazionale, perché tutti cominciarono a chiedersi come avesse fatto una discoteca a volare sul monte. E padre Malachia, che non credeva nella potenza della sua preghiera, fu costretto, suo malgrado, a confessare di essere stato lui. Il libro finisce col vescovo che convoca padre Malachia e lo obbliga a pregare perché la discoteca ritorni al suo posto. Per chi non avesse letto il libro, non vi dico il finale, così lo comprate e leggete.

Rendetevi conto della potenza della nostra supplica: “Se aveste fede come un granellino di senape potreste dire a questo monte: togliti di là e buttati nel mare” (Mt 17,20) e questo avverrebbe. Il guaio è che noi non crediamo abbastanza nella potenza della nostra preghiera; ci accontentiamo di chiedere di avere un po’ di salute oppure che l’esame all’università mi vada bene… Quando noi chiediamo queste piccole cose per noi, riduciamo la grandezza di Dio alla nostra portata.

Gesù ci insegna al contrario a non rimanere intrappolati nel nostro piccolo io, ma ad avere una preghiera universale, che possa ottenere da Dio secondo la sua sapienza, non la nostra.

La potenza di Dio è infinita, ma Egli l’ha messa a nostra disposizione, se ci crediamo.