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IL MISTERO DELL’EUCARISTIA

Il mistero dell’Eucaristia è nient’altro che il mistero pasquale.

Qualcuno potrebbe domandarsi cosa c’entra il mistero pasquale con la mia vita?

La risposta a questa domanda è essenziale per noi. Vediamo come si risponde.

Gesù sì, Chiesa no

Oggi sono molti nel mondo che pur non negando Gesù in quanto uomo non accettano la sua divinità. La maggior gravità di questa posizione è che la si sostiene all’interno della Chiesa (ovviamente si tratta della no-Chiesa o dell’Anti-Chiesa, come la chiamava GP II). Sono quelli che mettono in discussione la storicità dei Vangeli, presentando la dicotomia tra il “Gesù della Storia” e il “Cristo della fede”. Come dire che del Gesù storico non si sa nulla e che il Cristo che conosciamo tramite i Vangeli è prodotto delle prime comunità dei cristiani. Ovviamente, questo non è vero ma loro lo ripetono, lo scrivono e alla fine molti incauti finiscono per crederci. Tutto ciò ha come conseguenza che si inventi una falsa distinzione tra Gesù e la Chiesa: Gesù sarebbe stato un grande uomo, invece il Gesù Cristo, il Gesù Messia che raccontano i Vangeli sarebbe più o meno un’invenzione, un Figlio di Dio inaccessibile messo sotto l’amministrazione ecclesiale. Quindi per costoro Gesù è stato un uomo mirabile, come Buddha, Confucio, Socrate ma non credono alla sua divinità, ai miracoli, alla sua risurrezione, alla Chiesa ; aderiscono solamente ad un Gesù uomo saggio e rivoluzionario. Ovviamente, in questo modo il cristianesimo si svuota di ogni soprannaturalità e non solo non presenta novità alcuna ma allora non c’è salvezza per l’uomo, non c’è nulla. Invece, noi sappiamo, per la fede, che non solo Gesù Cristo è Colui che ci mostrano i Vangeli, che ha fondato la Sua Unica Chiesa, ma che è presente e opera oggi come l’ha fatto ieri e lo farà domani. È Lui il Salvatore, l’unico Salvatore, Figlio di Dio e Dio Lui stesso, Signore della Vita e della Storia.

Non a un Dio personale

Quindi, la crisi si presenta ogni qualvolta si rifiuta Gesù Cristo come il Signore, quando si dice Gesù sì, la Chiesa no, perché in realtà si sta dicendo Gesù (uomo) sì, Cristo (Salvatore) no. Il rigetto di Cristo va di pari passo con il rigetto di un Dio personale. Molti in questo mondo, in questi tempi, potrebbero al massimo concedere l’esistenza di un Dio creatore che diede inizio al big bang ma non sono in grado di concepire un Dio che si occupa e preoccupa delle persone e che agisce nel mondo. Ciò è così perché l’uomo ha perso in sé l’immagine di Dio, e non può capire il Dio personale che si è incarnato in Gesù Cristo, e così non riconoscendo e negando il Salvatore finisce per perdere se stesso. Non è che tutto ciò appaia ora per la prima volta. No, qui siamo davanti a un lungo percorso, ad una vera gestazione iniziata all’epoca dell’Illustrazione. Si tratta di un movimento deista che da allora in poi non si è mai fermato.

Questo, in essenza, costituisce lo spirito del mondo: siccome Dio è lontano, immanente e non trascendente, allora non conta nella vita degli individui, “facciamo a meno di Dio”. Da qua nascono l’indifferentismo religioso (una religione vale l’altra) e l’agnosticismo odierni. In questo mondo, Dio è come se non esistesse. Però non solo queste atteggiamenti di negazione sono gli unici, ma anche gli orientalismi che concepiscono Dio come l’energia impersonale dell’Universo è una deriva che ha dilagato in occidente. Secondo questo concetto (chiamiamolo così) proprio della Nuova Era, anche noi siamo energia che deve essere messa in armonia con l’altra energia cosmica che sarebbe questo dio. L’energia però è la forma disordinata, degradata della materia.

E come potrebbe essere Dio materia disordinata della stessa creazione ?

Assurdo!

Falso dilemma

Una delle cause per il rifiuto radicale di Dio è lo scandalo dell’esistenza del male: se Dio esiste ed è buono perché c’è il male?, così dice chi rifiuta la Rivelazione. Si nega Dio e nello stesso tempo si sfrutta la libertà fino all’estremo dell’anarchia senza riconoscere che la libertà è parte essenziale dell’amore divino creatore. Il mistero dell’amore di Dio che crea l’uomo spiega il mistero della libertà. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e la libertà è attributo di Dio, Lui è assolutamente libero. Perciò la libertà donata all’uomo richiede che sia soggetta all’amore. Non si rende conto che la libertà esercitata contro Dio, contro la Sua Legge, anche contro la legge naturale, ossia il peccato, è la vera e unica causa del male. E l’unica risposta al male è la croce, è Cristo. Non è sufficiente odiare, detestare il male, occorre amare il bene e solo si ama il bene amando Dio. Amando Dio che ci ama e ci mostra tutto il suo amore dalla croce. “Non ti ho amato per scherzo”, furono le parole del Signore alla Beata Angela da Foligno. Il brano del racconto della santa in questione è il seguente:

“Il mercoledì della settimana santa stavo meditando sulla morte del Figlio di Dio incarnato e cercavo di liberare la mente da ogni altra cosa per poter avere l’anima più raccolta sulla passione e morte del Figlio di Dio ed ero occupata nella ricerca e nel desiderio di come poter meglio liberare la mente in merito a queste cose della passione e della morte del Figlio di Dio. E allora subito, mentre ero presa da questa occupazione e ricerca, avvenne nell’anima una locuzione divina che diceva: “Io non ti ho amato per scherzo”. E allora quella parola fu per me come un colpo di dolore mortale, perché immediatamente si aprirono gli occhi dell’anima, e vedevo che era verissimo quello che diceva, e vedevo gli effetti di questo amore, e vedevo tutto ciò che fece questo Figlio di Dio per questo amore, e vedevo tutto ciò che sopportò in vita e in morte questo Dio e uomo passionato per questo indicibile amore e comprendevo che quella parola era verissima in lui, perché mi ha amata non per scherzo ma con perfettissimo e tenero amore, così vedevo tutto il contrario in me, io non lo amavo se non per scherzo e in modo non vero. E vedere questo era per me una pena mortale e un dolore talmente intollerabile che credevo di morire”.

L’unica via per sconfiggere il male, dentro e fuori di noi, è Gesù Cristo. Non è un caso che colui che nega la croce, che nega Cristo e la sua salvezza compiuta sulla croce, non ama davvero e la sua libertà va indirizzata a soddisfare i suoi capricci, i suoi gusti peccaminosi, il suo puro egoismo. E’ uno che fa il male con la propria giustificazione che per lui è un bene.

Non esiste peccato personale, altro anello (tranello) della catena

Oggi ci troviamo dinanzi a una grande maggioranza che rigetta la stessa parola “peccato” e molti nella Chiesa non lo menzionano, non lo chiamano per nome. Per alcuni esiste sì, ma soltanto il peccato sociale: esistono le strutture di peccato, non il peccato personale. Se si elimina Dio dall’orizzonte della vita, non si può parlare di peccato e tanto meno di salvezza. Se il peccato non esiste allora di cosa devo essere salvato? Benedetto XVI disse: “Così come quando si nasconde il sole spariscono le ombre –le ombre soltanto appaiono quando c’è il sole- allo stesso modo l’eclisse di Dio porta necessariamente all’eclisse del peccato”. E aggiunse: “Per questo motivo, il senso del peccato –che non è lo stesso che il “senso di colpa”, come lo intende la psicologia- si trova riscoprendo il senso di Dio. Il Salmo Miserere, attribuito al re Davide, in occasione del suo doppio peccato di adulterio e omicidio, lo esprime dicendo: “Contro di te, contro te solo ho peccato” (Sal 51,6). E’ Davide rivolgendosi a Dio”. Allora non esistendo peccato non c’è spazio per il Figlio di Dio venuto al mondo per la nostra redenzione, per riscattarci dal peccato morendo sulla croce.

Mistero dell’Eucaristia di fronte alla decadenza liturgica

Permettetemi che ora ricolleghi quanto finora detto con la domanda dell’inizio sul rapporto tra il mistero dell’Eucaristia e la nostra vita. Per Benedetto XVI, questo fenomeno di negazione del peccato, di rifiuto della croce, spiegherebbe il cambiamento radicale nel culto, nella liturgia, dove non è già Dio né Cristo il primo soggetto del culto ma il “noi” dei celebranti (di chi presiede e dell’assemblea). Si è operato un cambiamento radicale di protagonista, il sacerdote, il popolo anziché Dio. E allora in quel pensiero non ha nessun senso l’espiazione, il sacrificio, il perdono dei peccati nemmeno l’adorazione. In una parola non c’è nessun mistero da celebrare, da adorare. Interessa solo la comunità, che i suoi membri si riconoscano e si confermino a vicenda ed escano dall’isolamento che patisce l’individuo nella società odierna. Si tratta –direbbe il Papa- di esprimere le esperienze di liberazione, di gioia, di rinuncia di quello che è negativo e di incoraggiare l’azione. Così la comunità si inventa la propria liturgia, si rappresenta e celebra se stessa. Non accetta una liturgia tramandata dalla tradizione perché non la capisce. Non esiste mistero, l’Eucaristia è un evento comunitario. La Messa, in questo contesto non è più sacrificio redentore ma soltanto convivio, cena della comunità. (Nel giorno dell’Eucaristia e del sacerdozio, cioè il Giovedì Santo, il foco dello scenario si spiazza dall’altare dove si attualizza il mistero ad un’ altra parte che di fronte a così grandi mistero risulta secondaria).

Cari amici, possiamo già renderci conto quale sia l’importanza dell’adorazione in questa situazione di smarrimento della fede. Infatti, l’adorazione eucaristica che parte dalla fede sulla Presenza reale di Dio, è la via di ritorno per ripristinare la liturgia, per farla uscire dal vicolo cieco dove si incontra. Lex orandi, lex credendi. La liturgia rispecchia lo stato della fede e la fede lo stato dello spirito, della vita. Una liturgia dove non si intravvede la presenza del sacro indica la caduta di fede di una comunità. E` pur vero l’asserto reciproco: quando si raffredda la fede, le celebrazioni diventano povere e fredde. In questi casi si è perso il vero senso della vita.

Recupero del mistero. Cosa significa per noi.

La prima cosa da capire è che la morte di Gesù Cristo fu un atto di amore, dove l’amore vince la morte.

Nell’Ultima Cena, quando veramente nasce la Chiesa, Lui anticipa la sua passione e morte e la trasforma in dono di sè. L’Ultima Cena è una Messa, non memoriale ma anticipatoria. Sarà dopo la Sua Passione e Morte in croce e la Sua Risurrezione, sicuramente a partire dalla Pentecoste che sarà celebrata la Santa Messa, cioè il mistero pasquale. (Così leggiamo negli Atti degli Apostoli che dopo Pentecoste: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2:42)). Il primo nome dato all’Eucaristia è stato proprio quello di frazione del pane.

Ogni celebrazione dell’Eucaristia è memoriale in cui il triduo pasquale -che comincia con la Cena alla sera del Giovedì e continua con la Passione iniziata propriamente quella stessa sera nel Getsemani per finire a un’ora incerta della notte tra il sabato e la domenica- si fa presente. La Santa Messa, infatti, racchiude in sé l’arco che va dall’anticipo del sacrificio redentore del Signore all’esplosione d’amore e di luce della Risurrezione. In quel momento si inaugura una nuova dimensione dell’essere, della vita, della stessa materia che è trasformata, glorificata, che diventa partecipe della gloria di Dio. L’assolutamente nuovo accade, un nuovo mondo si apre all’uomo: Cristo rompe il sigillo del Paradiso, anche se rimane una porta, stretta, che solo la misericordia di Dio ha il potere di allargarla. Perciò possiamo ora capire che quel mistero dell’Eucaristia ha molto a che fare con noi, con la nostra vita qua sulla terra e l’altra dopo la morte terrena. Ora risuonano con un nuovo suono quelle parole del Signore dette alla sinagoga di Cafarnao: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò l’ultimo giorno”. Quest’avvenimento ineffabile, più grande di ogni immaginazione, del Cristo Risorto che mi chiama al Suo Banchetto, che mi dice: “Prendete e mangiate.. questo è il mio corpo offerto per te”.. “questo è il calice del mio sangue versato per te, per la remissione dei tuoi peccati, per la tua salvezza”, ha una chiave di accesso e questa è la fede e il battesimo.

E’ per fede che noi adoriamo Dio. Innanzitutto l’adorazione è un atto di fede nel mistero della presenza di Dio nell’Eucaristia. Durante la Messa l’adorazione avviene per la fede nella presenza del Figlio di Dio nella totalità del mistero pasquale. Quando si celebra l’Eucaristia siamo presenti a tutto il mistero e partecipiamo al Banchetto Sacro dell’Agnello Immolato per l’espiazione[1] dei nostri peccati.

Insieme a quel corpo donato in sacrificio per me, a quel sangue che Cristo ha versato perché i miei peccati siano perdonati, io posso unire i miei dolori, le mie pene e far sì che quel male che è in me diventi sacrificio gradito al Padre e così sia fecondo. Questa è la redenzione che avviene in ogni Messa. Su questa verità ci inginocchiamo. E mangiando la carne dell’Agnello Pasquale, che è Cristo, bevendo il suo sangue, mi unisco intimamente a Lui in modo tale che io sono in Lui e Lui è in me, in unione comune, in comunione. Per mezzo del pane e del vino consacrati si realizza la trasformazione del mondo. Gesù Cristo ci trasforma assimilandoci a Lui e ci introduce nella sua stessa opera di salvezza. Siamo redenti, trasformati. Riceviamo questo tesoro infinito, Dio, con santo timore e ringraziamento, in adorazione.

Valore del culto

La liturgia ha come funzione quella di condurci attraverso il cammino pasquale iniziato da Cristo, in cui si accetta di morire per entrare nella vita. La liturgia è azione di Dio in noi e con noi. La vera partecipazione liturgica è lasciare attuare Cristo orante, il Cristo che è in dialogo costante con il Padre. E’ lasciarsi penetrare dal Cristo che adora il Padre dalla sua umanità (perciò Cristo è il nostro modello perfetto di Adorazione Perpetua). Questa partecipazione è lasciar che lo Spirito Santo ci trasformi. Per questo motivo, la prima cosa quando celebriamo l’Eucaristia è aprirsi alla grazia. Ciò è possibile per tutti noi quando siamo coscienti, con totale consapevolezza del mistero a celebrare e il nostro atteggiamento è di rispetto, silenzio reverente, adorazione. Sappiamo tutti che siamo davanti a qualcosa che ci supera infinitamente. Non si tratta nella Santa Messa di recitare preghiere ma di pregarla tutta intera. Per noi, sacerdoti, è ancora più importante questa consapevolezza del niente che forma parte del Tutto e personifica Cristo, il Figlio di Dio. San Josemaría Escrivá ammoniva in questo modo: “Guarda bene che cosa dici, chi lo dice, e a chi lo dici”. Vuol dire “tu sacerdote, stai molto attento alla tua preghiera eucaristica, a cosa dici, soppesa ogni parola, sappi che sei Cristo in quel momento e che le tue parole, la tua preghiera, che è la sua, va rivolta al Padre. Di questo tratta l’ars celebrandi.

Unità del mistero

C’è unità inscindibile nell’Eucaristia perché nel mistero pasquale è tutt’uno. Non è possibile separare l’Ultima Cena dalla Passione. Soltanto una falsa teologia, che si specchia in una falsa liturgia, lo fa, quando ignora il sacrificio del Figlio al Padre per la nostra salvezza, presente nell’Eucaristia a favore di una cena conviviale tra amici. Nell’Ultima Cena, Cristo anticipa la realtà della croce offrendosi sacramentalmente e realmente in quel momento ai suoi discepoli e attraverso loro a tutti quelli che accoglieranno il suo sacrificio (pro multis). In quell’ultima cena della Pasqua ebrea, Lui anticipa la sua pasqua, il suo passaggio di questa vita al Padre. La liturgia raccoglie tutta la preghiera di Gesù, dalla sacerdotale (Jn 17) a tutta l’altra personale, quella dell’Orto degli Ulivi, quella della croce. Il patetico salmo 22, nelle labbra di Gesù ha una forza che viene dall’eternità di Dio testimoniando tutte le notti oscure dei mistici di tutti i tempi: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. Il grido di Gesù Cristo prima di espirare non è di un disperato ma preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre. “Padre, alle tue mani affido il mio spirito” (sal 31). La sua stessa morte fu un atto di preghiera in abbandono al Padre.

Muore pregando fino a quel “È compiuto”… e poi chinando il capo morì. Il grido di Gesù prima di morire è il grido di vittoria che sveglia i morti. La morte va unita alla Risurrezione di cui è anticipo. Il Risorto, presente nella Messa, ci mostra le sue piaghe gloriose. Gesù Cristo, facendosi pane spezzato versa su di noi tutto il suo amore e la sua misericordia. Il mistero dell’Eucaristia rappresenta il culmine dell’azione della salvezza di Dio.

Mistero dell’Eucaristia assunto molto serio.

Cari amici, la santa Messa è qualcosa di molto, molto serio e molto grande, così grande che non sarà sufficiente tutta l’eternità per capire la profondità della Messa. Tutta la passione di Gesù Cristo si fa presente in essa. Anche la Madonna è misteriosamente presente ai piedi della croce, offrendo il sacrificio del Figlio e il suo proprio, al Padre. Il mistero pasquale. Il centro della vita quotidiana della Chiesa, per volontà di Cristo, questo atto salvifico, eterno, si fa presente nel tempo e nello spazio, dove si celebra il memoriale per Lui istituito durante l’Ultima Cena. La Messa è il sacrificio identico al sacrificio del Calvario, è memoriale sacramentale della Passione del Signore. Memoriale sacramentale vuol dire che non solo ricorda l’evento della salvezza ma anche per mezzo dei segni e delle parole sacramentali lo fa presente. L’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita spirituale della Chiesa.

La prima funzione della liturgia è condurci a Cristo e lo fa particolarmente nell’Eucaristia che ci permette di unirci al sacrificio di Cristo e cibarci del suo Corpo e del suo Sangue. È questo il dono per eccellenza perché è il dono che Dio fa di se stesso nel Figlio, che essendo uomo è anche Dio. La celebrazione liturgica è portatrice della opera di salvezza compiuta dal Signore. “Se tu conoscessi il dono di Dio”, queste parole dette alla donna samaritana, il Signore le ripete anche a noi. Quale dono il Signore offre a noi! Allora, mi domando, com’è possibile banalizzare questo dono? Com’è possibile fare della santa Messa un convivio, una rappresentazione teatrale e non del mistero che si attua in quel momento? Com’è possibile non adorare l’Eucaristia, non dico fuori bensì all’interno della stessa celebrazione? Come è possibile prendere Dio così per mano e in piedi quando ogni ginocchio si piega in cielo davanti all’Agnello immolato? Anzi ogni essere vivente si prostra davanti a Lui.

Partecipazione fruttuosa e attiva alla Messa

Il popolo dei fedeli non è il protagonista della celebrazione, il sacerdote celebrante nemmeno. E’ Dio! C’è solo il diritto di Dio di essere rispettato, onorato, riverenziato, adorato. “Tutto nella liturgia dovrebbe portarci ad adorare Dio. In ogni celebrazione la cosa più importante non sono i canti, i riti anche se fossero molto belli. La cosa più importante è l’adorazione. Tutta la comunità convocata da Dio, raccolta, guarda l’altare dove avviene il sacrificio e adora, ricordava il Papa. Nella Chiesa si è trascurato il senso dell’adorazione. Sembrerebbe che si va al tempio a compiere un atto quasi sociale dimenticando che Dio è al centro di tutto e noi adoriamo Dio.
La vera partecipazione attiva di cui parlava la Sacrosantum Concilium, obbiettivo della riforma conciliare, suppone partecipare dall’actio Dei (l’azione di Dio). L’Eucaristia non è qualcosa che noi facciamo, ma è una presenza che Dio fa tra noi: presenza della Persona divina di Cristo, presenza del suo sacrificio. Se noi veramente partecipiamo all’Eucaristia, essa ci trasforma, ci fa acquistare gli stessi sentimenti di Cristo. Celebrare il vero culto spirituale vuol dire affidarsi, consegnarsi a Dio con totale fiducia. Una liturgia separata dal culto spirituale sarebbe svuotata, priva della sua originalità.

Quando celebriamo l’Eucaristia come ciò che veramente è, riceviamo la forza dall’interno della celebrazione: è Cristo che ci trasforma, ci dà i suoi stessi sentimenti.

Il Concilio parlava di riforma liturgica, ma la sua finalità non era solo cambiare i testi, ma soprattutto rinnovare la mentalità, mettendo al centro della vita pastorale e della vita cristiana il mistero dell’Eucaristia, cioè il mistero pasquale.

Abbiamo fatto accenno all’ars celebrandi, questo ars celebrandi è la miglior premessa per una vera partecipazione attiva dei fedeli. Oserei dire che quando la celebrazione della santa Messa si fa senza una profonda consapevolezza del mistero, per routine o con leggerezza, allora la partecipazione finisce soltanto sulla superficie (canti anche se alcuni siano belli, tutto un via vai di gente che si muove per il presbitero, preghiere dei fedeli non di rado, anzi molto spesso, lunghe che alla fine non si capisce cosa si chiede… tutto attivismo senza la vera sostanza). La Santa Messa viene celebrata con grande riverenza, con grande rispetto, con profonda unzione e senza “creatività”, rispettando le prescrizioni. Pur sapendo che non c’è niente di sufficientemente bello per Dio, dobbiamo custodire la bellezza, avere cura della dignità del culto. Non dimentichiamo mai che l’Eucaristia celebrata e adorata in tutto il suo mistero, è il centro e la radice della vita.

Finisco facendo un riassunto. Abbiamo ricordato quale sia il clima ambientale di questo mondo: Dio

ignorato; Cristo negato; la croce calpestata; la Chiesa perseguitata; perdita del senso di peccato; perdita della fede. Tutto ciò è penetrato nella Chiesa (non l’ho menzionato ma si tratta del modernismo) rispecchiandosi nella liturgia (devastazione liturgica, la chiamava il Cardinale Ratzinger) che ha retro alimentato il calo della fede. In altre parole, il correlato della società che vive “come se Dio non esistesse” si presenta tra noi, cattolici, nella liturgia che si celebra “come se Dio non ci fosse presente”. La missione della Chiesa, che ci ha dato il Signore, non è di adattarsi al mondo, ma di convertirlo. “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”(Mc 16,15-16).

La via d’uscita di questa tragica situazione è il recupero del mistero dell’Eucaristia, dove avviene la salvezza. Occorre mettere Gesù Cristo al primo posto, anzi al centro della vita della Chiesa e della vita personale, e in tutto questo il ruolo dell’Adorazione Perpetua è unico e fondamentale. A questo sommario mancherebbe aggiungere un’altra cosa, cioè che essendo noi dinanzi ad una enorme e gravissima apostasia, a tremendi sacrilegi, oltraggi alla santità di ogni tipo, a bestemmie, a un chiamato “arte” blasfemo e ad una indifferenza generale all’interno della Chiesa (dove per altro non mancano dei sacrilegi) grande, grandissimo è il bisogno di riparazione e l’Adorazione Perpetua ci offre l’occasione di riparare giorno e notte, senza sosta.

L’Adorazione Perpetua ci permette manifestare in modo concreto la nostra fede alla presenza permanente del Signore che è con noi fino alla fine del mondo. Per essa siamo riconoscenti, in quanto grandissimo dono, del mistero dell’Eucaristia in modo incessante e aperto a tutti. Come in ogni adorazione, solo che in questo caso non ci sono limiti temporali, prepariamo, prolunghiamo, intensifichiamo e approfondiamo l’incontro che avviene nella celebrazione, quell’incontro personale di comunione e adorazione.

L’Adorazione Perpetua fa che si recuperi l’insondabile mistero dell’Eucaristia e si metta Dio al primo posto nella vita personale, nella vita della Chiesa, nella vita della città. Molti altri cominceranno ad arrivare, perché il Signore li chiama, e tutti in un modo sublime potremo riparare per tutto il peccato che inonda questo mondo, mentre insieme al Signore che adoriamo intercediamo per la salvezza di tutte le anime.

Sia lodato, ringraziato e adorato ogni momento!
JAL maggio 2016

[1] Quando il sacerdote impone le mani sull’offerta del pane e del vino e invoca lo Spirito Santo, in quel gesto dell’epiclesi, sta anche ripetendo lo stesso gesto dei sacerdoti dell’Antica Alleanza sul capro espiatorio.