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L’ ADORAZIONE EUCARISTICA (2°)

tratto dal libro “Adorazione” di P Serafino Tognetti

La venuta continua del Signore
Se invece volgo lo sguardo in alto, sentirò nel mio cuore la voce del Signore: “Sono Io, non temete”. È nella tempesta dello smarrimento interiore che Gesù viene, perché il Signore è sempre nell’atto del venire: “Io sono colui che era, che è e che viene” (Ap 1,8). Successe anche quella sera: il Signore era sul monte a pregare, si accorse che i suoi amici erano nella difficoltà, lasciò la preghiera e corse immediatamente.

Gesù non sta fermo.
Nella Santa Messa, quando il sacerdote consacra il pane e il vino, dice: “Questo è il mio corpo”, e subito dopo aggiunge: “dato per voi”. Consacra il vino e dice: “Questo è il mio sangue, versato per voi”. “Dato” e “versato” sono due verbi che indicano movimento: è un corpo-dato, non un corpo messo lì per essere ammirato; allo stesso modo il sangue non è lì, fermo in un calice, per restarvi.
Versare significa “andare verso”, indica dinamismo, passaggio da un luogo ad un altro luogo.
Appena il sacerdote consacra, nel tempo che passa tra la consacrazione delle Specie e la comunione, dovremmo vedere questo corpo che freme per essere dato; così anche il sangue. Parlo per immagini; il sangue comincia a ribollire, a dire: “Voglio venire a

te”. Dio ha il desiderio infinito di donarsi. È vero che noi abbiamo desiderio di Dio, ma il suo desiderio di noi è maggiore; è maggiore il suo desiderio di darsi a noi che il nostro di riceverlo. Dio ha in sé questo moto infinito, vuole venire verso di noi, arde dal desiderio di entrare in noi.
Ricordo che il salmo che mia mamma prediligeva era quello che dice: “Apri la tua bocca, la voglio riempire” (Sl 80,11), perché ogni volta che andavo a trovarla a casa, regolarmente protestava dicendo di trovarmi sciupato e smunto; di conseguenza preparava dei pranzi e delle cene per venti persone, mentre eravamo solo noi due. Mi costringeva a mangiare citando il salmo suddetto, come se io dovessi solo stare con la bocca spalancata ed ella col forcone a buttare dentro le cibarie. Le facevo notare che non era quella l’interpretazione giusta del testo biblico, ma non voleva sentire ragioni: “Lo dice il Salmo!”. La genitrice, per altro, non aveva tutti i torti, in senso traslato, perché per ciò che riguarda l’Eucarestia, tutto quello che noi uomini dobbiamo fare è aprire la bocca e ricevere con fede il Corpo di Cristo; se la tengo chiusa non vien dentro niente… e non è difficile aprire la bocca. Come gli uccellini con becco spalancato attendono il cibo e la mamma rondine vi versa dentro tutto quello che ha trovato per essere mangiato, così anche gli uomini con Dio. Egli
corre, Egli soccorre.
Il movimento di Gesù dalla quiete della montagna alla barca è sempre in atto. Questo ci porta a dire che noi uomini dobbiamo senza dubbio concentrarci solamente sul momento presente, l’hic et nunc. In questo momento il Signore è presente (“Sono io, non temete”); ci possono essere le onde alte tre metri, ma c’è il Signore che viene in atto a donarsi.
Al padre don Divo Barsotti piaceva quest’immagine del movimento: Dio che corre incontro all’uomo e l’uomo che “precipita” nella divina Presenza. Diceva che tutta la storia del mondo precipita in quest’atto (atto della morte e resurrezione del Cristo), tutto tende a quest’atto e vi trova compimento. Ogni storia non è che partecipazione a quest’atto che compie la vita dell’universo. Ce l’aveva a morte con il cosiddetto storicismo, con coloro che credono che il cammino della storia vada avanti verso una pienezza e che alla fine il Cristo-totale abbraccerà ogni cosa. No, egli tuonava: la storia non esiste più, è finita con la morte e resurrezione del Cristo. Da quel momento in poi ogni singola storia umana non può e non deve essere altro che una partecipazione sempre più intensa a quell’unico atto, oltre il quale non si va, perché non si può andare oltre il Cristo. Se ci fosse una crescita continua – diceva – anche nella santità, allora i santi degli ultimi tempi dovrebbero essere più santi di quelli dei primi; ma questo non è pensabile perché la creatura più santa di tutte si pone all’inizio della storia sacra, non alla fine ed è la Vergine Maria.
No, il tempo che procede in avanti non può portare più alcuna novità sostanziale: tutto è già stato detto nel Cristo, afferma con certezza san Giovanni della Croce. Attendere qualcosa d’altro significherebbe pensare che il Signore Gesù non ha fatto tutto, che ha lasciato qualcosa d’incompiuto, mentre invece sappiamo che le sue ultime parole sono state: “Tutto è compiuto” (Gv 19,30). Questo “tutto” io lo vivo già fin da ora anche con una sola Comunione; io devo solo vivere sempre meglio quest’atto. La storia, dal punto di vista oggettivo, non va in avanti, ma sprofonda in
basso o sale in alto; non ha un movimento orizzontale, ma verticale. Io devo realizzare sempre di più il mio incontro con Dio, perché dal punto di vista oggettivo la creazione va verso la sua fine. Al contrario di pensare ad un continuo progresso, quando Gesù dice: “Il figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8), ci adombra piuttosto un regresso della fede. Dio si dona a me totalmente nell’atto in cui lo ricevo (nella Comunione), ma anche nella preghiera e nell’accoglienza interiore nella fede.
Diceva padre Barsotti: “Quando io ho ricevuto Cristo risorto e dato a me, basta, non c’è altro”. Poi il tempo che scorre altro non è che l’occasione, lo spazio per realizzare sempre più intensamente quest’atto. Non conta dove sono, se vivo in Australia o in Togo, non conta se sono sano o su una sedia a rotelle, se mi mandano in un posto o rimango dove vivo da sempre… Son tutte sciocchezze queste. Noi pensiamo che siano le cose più importanti e perdiamo di vista invece l’atto della nostra unione con il Signore. Alla fine il senso ultimo dell’esistenza è proprio realizzare l’Atto del Cristo;
il suo, non il nostro. Io, in effetti, non-sono, perché qualche decennio fa non esistevo e ora esisto: sono stato tratto dal niente. E sono per poter ricevere Gesù e divenire Dio per partecipazione d’amore.

……continua