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OGNI 1 DEL MESE:
RUBRICA a cura di Don Riccardo Pane,
diocesi di Bologna,
Accademia Ambrosiana

DALL’EUCARISTIA CELEBRATA ALL’EUCARISTIA ADORATA (1°)
Inauguriamo oggi una nuova rubrica dal titolo Dall’Eucaristia celebrata all’Eucaristia
adorata. Molto più semplicemente parleremo della Messa, perché non è possibile adorare l’Eucaristia, senza adorare al contempo la Messa. Basta riflettere un attimo sul termine stesso “Eucaristia”.

Sapete tutti che viene da un verbo greco che significa “rendere grazie”, ma avete mai
riflettuto sul fatto che deriva appunto da un “verbo”, cioè da una forma morfologica che esprime un’azione? Dentro al sostantivo “Eucaristia” è insito un verbo, cioè un’azione! E questo cosa implica?

Per spiegarmi ricorrerò a una caricatura della realtà: è necessario per compiere un
cambiamento di prospettiva. Mi scuso se il mio lessico potrà apparire grossolano, a tratti irrispettoso. A qualcuno le mie parole potranno apparire scontate, ma l’esperienza mi insegna che per la gran parte dei fedeli non lo sono. Mi perdoneranno pertanto i “professionisti dell’adorazione”. Pronti?


Abbiamo “cosificato” l’Eucaristia. Ecco, l’ho detto… Questo non varrà per tutti, ma
certamente la mia affermazione coglie una mentalità diffusa. Cosa intendo? Dico subito che non sto parlando di coloro che non credono che l’Eucaristia sia il Corpo (e Sangue) di Nostro Signore.
Costoro, ahimè, non staranno nemmeno leggendo queste mie farneticanti parole… Mi riferisco proprio a noi che siamo soliti adorare quella “cosa” bianca e sottilissima, misteriosa e sacrosanta nella quale è presente il Signore col suo Corpo e col suo Sangue. Sì, proprio noi che pensiamo di avere davanti un oggetto, o meglio un s-oggetto, ma pur sempre qual-cosa che ci sta davanti.
Quando Tommaso diceva: visus, tactus, gustus in te fallitur (la vista, il gusto e il tatto in te sono ingannati), non coglie solo il fatto che l’Eucaristia appare ai nostri sensi umani come pane, ma ci permette di andare oltre: i nostri occhi vedono una realtà statica che mi sta di fronte, dentro a un ostensorio, dentro a un tabernacolo, nella mia mano o sulla mia lingua, qual-cosa che sta, viene messa, tolta, data, ricevuta, mangiata. Ebbene, il termine ci dice che ci stiamo sbagliando, perché dentro a “Eucaristia” c’è un verbo, cioè un’azione, e io non posso rinchiudere un’azione in un
tabernacolo o coartarla in un ostensorio e tanto meno pensarla come qual-cosa che ho davanti. Le specie del pane e del vino, quelle che ingannano la mia vista, il mio gusto e il mio tatto, mi costringono a chiudere quella Realtà in un tabernacolo e a guardarla in un ostensorio, ma come la fede mi obbliga ad andare al di là dei sensi e a credere alla verità della transustanziazione, così devo fare lo sforzo, tutt’altro che facile, e tutt’altro che comune, di pensare all’Eucaristia non come una cosa che mi sta davanti, ma di più, come l’azione, l’opera della salvezza concentrata e sussistente
sotto quelle specie.
Continuo nella mia caricatura: abbiamo ridotto la Messa a un “eucaristificio”, cioè a
quell’insieme di riti, di cose noiosissime da fare per ottenere il “prodotto” Eucaristia. Non lo dico io: lo dicono tanti fedeli con il loro atteggiamento, quando arrivano tardi alla Messa, fanno di tutto, chiacchierano, messaggiano al cellulare, addirittura rispondono… e poi si mettono in fila per andare a prendere l’Eucaristia, se non addirittura, come a volte accade, entrano in chiesa per mettersi direttamente in fila per la Comunione. Con questo modo di fare – forse inconsciamente –
comunicano una cosa chiarissima: “mi tocca ammazzare il tempo in attesa del mio turno per essere
servito”, e i più furbi riescono a saltare l’attesa, infilandosi all’ultimo al bancone…
Abbiamo “cosificato” l’Eucaristia, e l’abbiamo separata dalla Messa, la quale, di
conseguenza, è diventata quell’insieme di cose che devo fare per ottenere quel prodotto tutto particolare e santissimo che è l’Eucaristia. Abbiamo separato l’inseparabile, ingannati dai sensi, e ci siamo dimenticati che non c’è una “fabbrica” e un “prodotto”, ma l’unica azione liturgica, che è partecipazione mirabile all’opera della salvezza. L’adorazione eucaristica non è l’adorazione di ciò che è stato prodotto dalla Messa, ma è prolungamento di quell’atto di adorazione archetipico che è
la Messa stessa. Forzando un po’ il discorso, ma non troppo, arriverei a dire che nell’adorazione eucaristica adoriamo la Messa stessa.
A questo punto prevengo l’obiezione: gran parte delle Messe sono tutt’altro che adorabili, anzi, sembrano piuttosto delle dissacrazioni. Concordo, e per questo motivo è opportuno ritornare sull’Eucaristia celebrata, con uno sguardo all’Oriente cristiano, dove questa coscienza è rimasta più viva.

È quello che tenteremo di fare con chi avrà la bontà di continuare a leggerci…